Referendum: Tanto peggio? Tanto meglio!

Facile previsione: domenica il referendum non raggiungerà il quorum. Praticamente non esiste! Stampa, TV, Social sono tutti uniformi nel nascondere zittire trascurare i quesiti referendari. Ultimo, forse decisivo, atto di svuotamento di questo fastidioso istituto costituzionale che, chiamando direttamente il popolo ad esprimersi, scompagina il teatrino della politica, dove tutti i partiti sembrano scontrarsi, ma tutti sono d’accordo a non farsi mai guidare dalla volontà del popolo. A lasciare ai partiti il libero campo di manovra di scelte anti-popolari.

Il referendum è troppo pesante! Da quelli storici su aborto e divorzio, si è capito che le scelte referendarie veramente vissute dall’opinione pubblica, piazzano macigni nell’evoluzione istituzionale del paese. Un voto referendario costruisce una posizione politica acquisita che poi difficilmente può essere scalfita da queste maggioranze parlamentari traballanti e poco coese.

Tra le fonti del diritto il referendum popolare trova posto sopra le leggi parlamentari, e poco sotto quelle costituzionali. È una scelta forte, che descrive e determina una volontà popolare ma anche un momento storico. È politicamente costoso disfarsene, anche quando potrebbe essere il caso (si veda il dibattito attuale, che infatti non c’è e invece dovrebbe esserci, sul Nucleare).

Quindi, ormai da tempo, i referendum devono essere ammorbiditi. Si è provato di tutto: dalla Corte Costituzionale che ormai falcidia ad libitum e ben oltre il dettato della Costituzione che ormai è stato slabrato oltre ogni possibile limite (si vedano le recenti decisioni sui referendum sulla legalizzazione e eutanasia), al Parlamento che costantemente sovverte la chiara volontà popolare (si veda, uno tra tutti, il referendum sul finanziamento pubblico ai partiti, che come c’era prima che come c’era quando venne rifiutato al 90% dal referendum, oggi c’è con il 2 per mille, e domani ancor più ci sarà).

Il referendum non fa più paura come quando in una lunga fortunata stagione in cui la storia della politica nazionale è stata fatta, attraverso Marco Pannella e il Partito Radicale, da questo istituto popolare di democrazia diretta. Il referendum è stato addomesticato, ma è sempre pronto a dare qualche grana (anche grazie alle nuove tecnologie, come quelle usate per raccogliere le firme solo in poche settimane lo scorso autunno).

L’obiettivo di oggi è normalizzarlo, disarticolarlo, renderlo comune, abbassare il suo rango, sia a livello politico che di diritto, a scelta politica inferiore per cui poi qualsiasi parlamento possa sprezzantemente rispondere: ce ne fregavamo quando veniva votato dalla maggioranza degli italiani, a maggior ragione ce ne freghiamo oggi. E tornare, entro breve, i cinque anni prescritti, su quelle scelte. Il progetto è chiaro e le proposte di legge ci sono già: aumentare il numero delle sottoscrizioni (ma questo, stante le piattaforme online per la sottoscrizione non è affatto un problema), ma soprattutto abbassare il quorum. Quorum, quello che fa rendere valida la scelta quando è il popolo, almeno al 50%, a scegliere.

A noi piace la partecipazione in democrazia, ma se è vera, non se si mette il popolo a giocare con paletta e secchiello per lasciare ai manovratori ancora più spazio di manovra. Abbiamo vissuto, anche sulla nostra pelle, la banalità (e il pericolo) di una democrazia sempre più diretta, da qualcuno e a favore di qualcuno.I referendum hanno mostrato, anche in tempi recenti, di poter essere l’alea, quel tanto di inatteso, che può smuovere l’acqua torbida di questa forma strana di monopartitismo dalle tante facce ma tutte con la stessa sostanza.

I quesiti referendari sono ostici; falcidiati dalla Corte, sono rimasti i più innocui; sono tre passi avanti verso una giustizia giusta, e probabilmente uno indietro, ma in gioco oggi non è nel loro contenuto, ma nella struttura che quel contenuto oggi esprime: la scelta popolare.

Vota sì, vota no, annulla la scheda, lasciala in bianco, fa quello che ti pare ma, per poi poter tornare a Votare, vai a votare. Fatti contare, insomma, come cittadino non indifferente alla democrazia. Perché il giorno in cui vorrai decidere di fare la differenza, e nella tua vita potrebbe accadere ad un certo punto, proprio in quel giorno, ti accorgerai che gli indifferenti avranno già vinto, grazie a te.

Vota!

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