Marina Ovsiannikova è la redattrice televisiva russa che ha interrotto un telegiornale di Channel One con un cartello di protesta contro la guerra in Ucraina. Durante il telegiornale più seguito in Russia ha fatto in modo che per alcuni secondi andasse in diretta un cartello con la scritta “Niente guerra” e ha urlato “ferma la guerra” e “no alla guerra”. Il cartello diceva in russo “Non credere alla propaganda. Ti stanno mentendo qui” e, in inglese, “Russi contro la guerra”. La conduttrice, Ekaterina Andreeva, ha continuato a leggere da un teleprompter nel tentativo di zittire Ovsyannikova, ma la sua protesta è andata avanti fino a che la regia ha messo in onda un segmento preregistrato. Marina Ovsiannikova è stata arrestata e secondo la nuova legge russa sulla fake news (e in Russia la guerra in Ucraina è considerata una fake news) e potrebbe essere condannata alla deportazione e fino a 15 anni di prigione.
Il monito di Marina Ovsiannikova è certamente rivolto alla popolazione russa, che in questo momento vive un periodo di tragica compressione dei più basilari diritti umani e civili, ma vale la pena considerare che riguardi anche noi. Tutta l’informazione in Russia, oggi che non è possibile ottenere altra informazione se non quella gradita al governo, è solo propaganda, ma molta dell’informazione occidentale (prima e dopo la guerra) non è altro che propaganda, con notevoli (e non necessariamente ben considerate) eccezioni, che sono quelle su cui si appunta ancora la speranza che le nostre democrazie siano ancora veramente tali.
L’informazione è propaganda quando la qualità della ricerca dei giornalisti è scarsa, quando questi non riescono ad ottenere la qualificazione e le retribuzioni necessarie per adottare quelle misure minime professionali per fare vera informazione. È propaganda quando gli editori smantellano le redazioni, impediscono progressioni economiche dei giovani professionisti e continuano a propinare le stanche opinioni di vecchie cariatidi il cui ‘mestiere’ si è formato in un tempo ormai passato. Quando, per correre dietro le cose più insulse, riempiono gli uffici (che non sono più neppure redazioni degne di questo nome), di cottimisti e giovani di belle speranze e ben disposti a macinare parole per compensi da fame, senza in prospettiva neppure riuscire a fare una decente professionalità sul campo.
L’informazione è propaganda quando non è altro che la comunicazione, senza verifica indipendente, delle notizie provenienti dagli uffici stampa (le cosiddette veline). È propaganda quando diviene banale ripropagazione di dispacci d’agenzia, che a loro volta hanno decimato i giornalisti e ridotto le redazioni. È propaganda quando s’inginocchia al verbo dell’intervistato di turno senza fargli la più ovvia delle domande scomode, perché così fa comodo all’immagine dell’intervistato e dell’intervistatore.
Così se oggi un moto di simpatia e di preoccupazione ci pervade nel vedere questa coraggiosa giornalista che terrà alto il nome della sua professione per molto tempo nelle patrie galere, ricordiamoci dei tanti giornalisti occidentali che nelle nostre patrie che si sentono portatrici di libertà e verità non riescono a tener alta questa professione (e di quelli che, invece, pur essendo osannati come grandi giornalisti, nulla gliene frega di farlo).
È vero, nessuno di loro rischia le alte pene a cui andrà incontro Marina Ovsiannikova, ma nessuno di noi si dispiacerebbe se mettessero anche loro alla gogna questo sistema dell’informazione che ormai, da cane da guardia del potere, è diventato totalmente asservito e funzionale ai poteri. Ma il cambiamento non potrà che venire da ciascuno noi, anche finanziando le ormai moltissime iniziative alternative che languono in una rete in cui buona informazione e pessima propaganda sono sullo stesso piano.
Ci piace molto la coraggiosa ribellione di Marina Ovsiannikova contro un regime dittatoriale. Le società liberali permettono ribellioni più soffici, spesso fatte solo usando oculatamente il portafoglio, il telecomando, il click del mouse o l’opinione. Teniamone conto prima che sia necessaria una Marina Ovsiannikova anche da noi.