Una lunga lettura (18 minuti 😳) sulla questione della declinazione dei generi in italiano ha riaperto un dibattito nel Partito Pirata Italiano. Come identificare chi mantiene la responsabilità politica del partito è una donna?
Il 25 Ottobre 2020 il Partito Pirata Italiano ha eletto Maria Rosaria lo Muzio a capo della linea politica. Da statuto, il titolo sarebbe Segretario. E Maria Rosaria lo Muzio vuole essere chiamata Segretario e scherza: “Chiunque mi chiamerà segretaria sarà deferito al garante, per i provvedimenti conseguenti.”
La discussione è scaturito tra il serio e il faceto parte da un articolo su Valigiablu.
Per Emmanuele Somma, Tesoriere, le lingue si evolvono, le contraddizioni vanno vissute e la lingua abitata attivamente.
“In questo, sono totalmente hegeliano, non mi soddisfano le contrapposizioni politiche di destra e sinistra. Ugualmente, non si schiera in modo netto sulla questione dei generi. Per un hegeliano, esiste una realtà e tante scissioni. Il compito del Pirata Italiano è superare con la conoscenza le scissioni, non pretendere di far vincere una scissione sulle altre, obiettivo di un idealismo inconseguente.
Maria Rosaria lo Muzio: “Le divisioni fra pensiero di sinistra e destra sono nei fatti, non nei pensieri politici di sinistra e destra. E’ una degenerazione, una semplificazione estremizzante, il vero male del dibattito politico italiano. Per esempio, architetto/architetta è estremamente fastidioso per me. Più ci penso (e poco ci avevo pensato lo ammetto) e più trovo insopportabile la femminilizzazione forzata dei termini. Ministro è una carica, che sia un uomo o una donna a rivestirla perché deve essere declinata? Perché va rimarcato il fatto che pure qualche femmina ce la può fare? E Presidente poi perché no? Perché finisce in “e” e Presidentessa fa ridere?
“Credo che il doversi occupare della questione significa che siamo un bel po’ indietro. Trent’anni fa mi chiamavano assessore e la questione per me non esisteva (sono stata il primo assessore donna della mia città, Foggia). Sono sempre stata contraria alle quote rosa e al politicamente corretto per partito preso. Faccio fatica a scandalizzarmi se nominano in un qualsiasi organismo solo uomini. Le donne, da sempre, hanno scelto altre forme per esercitare il loro potere, quelle capaci di farlo, e almeno nel mondo occidentale prima di parlare di discriminazioni e sessismo andrebbe fatta la tara.”
Marco Calamari, decano delle battaglie sull’e-privacy in Italia, preferisce per motivi grammaticali e di educazione all’uso del “maschile sovraesteso” come previsto dalla grammatica italiana. E sottolinea i rischi della orwelliana manipolazione della lingua in modo che diventi impossibile pensare al concetto che vogliamo cancellare, e si venga indotti ad un nuovo comportamento.
Per Somma il neolinguismo vale anche al contrario. “Se il potere è declinato al maschile viene naturale pensare che sia destinato ai maschi (ipotesi di Sapir-Whorf). Da questo punto di vista sarebbe una de-neolinguizzazione, laddove l’esercizio principale della neolingua è esattamente quello opposto, ovvero annullare la differenziazione semantica (la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza). Io trovo questa complessizzazione della realtà una forza positiva, declinata, questo sì, molto male da alcuni – motivo di più per abitarla”.
Poi il fatto che questo porti un sinistro moralismo contro chi non ha raggiunto questa consapevolezza, proprio dei femmismi d’accatto proprio non mi piace. Ma ancora di più mi incentiva ad abitare l’argomento.
Per lo Muzio invece il dibattito è un ulteriore segno di debolezza. “Perché ora che che donne arrivano a gestire il potere ci poniamo il problema della lingua? Rimarcare questa nuova condizione con la pretesa di un forzato cambio del linguaggio non è il tipico atteggiamento di chi cerca una legittimazione che pensa altrimenti di non avere?
Per il Segretario “le donne, per occupare posizioni di potere non dovrebbero aver bisogno di imporre parole nuove. Anzi penso che tutto ciò sia profondamente sbagliato. Non è una battaglia per me, come non lo sono le quote rosa e similaria. Non trovo questa della grammatica e del genere dei sostantivi una battaglia da combattere nella mia scala di priorità. Da sempre sono stata educata a pensare agli altri come persone. Etimologicamente viene da maschera, l’immagine pubblica che non ha bisogno di essere maschile o femminile, ché l’individuo …ops mo’ è maschile…nella sfera pubblica attinge agli stessi diritti. Sarò sempre, ma non per sempre, il vostro segretario 😜”
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Ovviamente essendo un uomo non posso capire pienamente il problema, però tranne pochissime eccezioni non sono parole nuove, anzi spesso sono antiche quanto in maschile ed è stata proprio una forma di prevaricazione l’averle fatto passare in disuso usando il maschile esteso.
Come la vedo io, c’è una questione di logica se parlo di una donna, ed esiste il femminile, è logico usarlo. Qualunque altra soluzione è invece ideologica.
E se invece vogliamo una soluzione ideologica, siete professioniste e siete donne. Usate con orgoglio la forma femminile, riaffermare che non divete rinunciare a nessuna di queste due caratteristiche, e che una Segretaria vale quanto un Segretario.