A supporto di Marco Calamari, Garante Privacy della Repubblica Italiana

Il Partito Pirata chiede ai parlamentari di fare una scelta libera per salvare lo Stato e gli italiani dai poteri forti

Lo smartphone che usiamo, i social network su cui pubblichiamo le nostre parole, le immagini e le info della nostra vita privata o del lavoro, le chat private, le email e gli SMS, le carte e l’home banking su internet e via app, sono potenti e comodi mezzi di comunicazione ma anche una prigione da cui il nostro profilo e la nostra stessa persona non può sfuggire. Una prigione le cui chiavi sono in mano a poche grandi aziende internazionali che sfuggono ai Parlamenti, ai dibattiti e agli inquadramenti delle legislazioni degli Stati nazionali.

In Italia ogni parlamentare ha il potere di esprimere il proprio pensiero, nel quadro delle prerogative costituzionali, attraverso la nobile azione del voto personale, anche per l’elezione dei componenti del Garante per la Protezione dei Dati Personali (GPDP).

Il GPDP è una delle autorità amministrativa indipendente, istituita dalla legge n. 675 del 31 dicembre 1996; disciplinata dal d.lg 196 del 30 giugno 2003 e modificato dal d.lg. 101 del 10 agosto 2018 che conferma anche il Regolamento generale sulla protezione dei dai personali UE 2016/679, art. 51. Il GPDP è un organo collegiale, composto da quattro membri eletti dal Parlamento, i quali rimangono in carica per un mandato di sette anni, non rinnovabile. L´attuale Collegio è stato eletto dal il 6 giugno 2012 e si è insediato 19 giugno 2012. È scaduto.

Nel lontano dicembre 1996 un’autorità quale il Garante per la Protezione dei Dati Personali aveva compiti “casalinghi” come difendere i cittadini dagli abusi, dalle distorsioni e dalle omissioni delle burocrazie nostrane. Oggi l’enorme massa di dati (Big Data), che si producono e circolano attraverso le reti tecnologiche ed informatiche (byte, numeri, parole, immagini, emoticon…), sono osservati dai grandi proprietari di piattaforme, di satelliti per telecomunicazioni, di gestori e produttori di algoritmi palesi (social) ed occulti (trojan, righe di programmi che come cavalli di troia si insediano in ogni dispositivo elettronico, e worm, frammenti di programmi che come vermi si autoreplicano in ogni dispositivo), sono osservati e se ne appropriano. Piccoli gruppi di “hacker da sottoscala” (corsari informatici pagati da governi e potenze occulte) sono in grado di intercettare ed appropriarsi di qualsiasi dato personale, sensibile e non, per usarlo a fini leciti (statistiche e di sicurezza) ed illeciti (profilazioni e fakenews, manipolazioni e falsificazioni); a volte giungono voci e lampi di algoritmi creati e immessi nelle reti dai pirati informatici (“hacker buoni”, che scovano i punti deboli per allertare ed informare cittadini ed istituzioni).

Solo in Italia il flusso dei dati, nel 2016, sfiorava il valore di 4,7 miliardi di euro e secondo altri, entro i prossimi anni supererà quota 6,3 miliardi. Un valore, questo italiano, che è dietro a Inghilterra (17,7 miliardi) e Germania (16 miliardi) (fonte: Il Sole 24 Ore,  23 gennaio 2018, “Big Data e algoritmi: l’economia digitale vale già 4,7 miliardi”).

L’articolo 67 della nostra Costituzione permette ad ogni parlamentare di essere indipendente nella parola e nel pensiero (isegorìa e parresìa), affinché rappresenti la Nazione, e cioè i propri elettori e, soprattutto, quelli degli altri “partiti”: nelle sue scelte e proposte dovrà rappresentare la Nazione intera, non una “parte” di essa. Ecco perché l’articolo 67 è il più difficile ed è generativo di pensiero intelligente (ovvero fare l’interesse di una parte facendo quello di ogni altra è così nobilitando la propria). Chiede ai parlamentari di realizzare una strategia che in teoria dei giochi viene chiamata win-win.

Come Gruppo di Lavoro per l’esecuzione della mozione votata in Assemblea Permanente del Partito Pirata lo scorso 6 luglio abbiamo scritto ai parlamentari italiani perché l’ufficio del Garante Privacy ha bisogno di persone di prestigio sempre più lungimiranti. I Pirati italiani hanno conosciuto, visto ed ascoltato l’ing. Marco Calamari in occasione delle recenti campagne elettorali per il Parlamento europeo proprio sul tema dei diritti umani digitali, della privacy e della conoscenza come diritto umano universale. Su questo tema dei diritti digitali ed aletici le recenti elezioni europee hanno dato come risultato l’elezione di ben quattro specifici ed esclusivi europarlamentari pirata ed uno dei quali addirittura vicepresidente del Parlamento europeo stesso.

L’ing. Marco Calamari, che ha presentato la candidatura a membro del Garante, sia alla Camera che al Senato. da oltre 30 anni è un riferimento storico nella comunità della eprivacy italiana. Oltre ad avere le qualifiche necessarie e avendo mostrato nell’arco di tutta la sua carriera indipendenza e autonomia, ha avuto la lungimiranza e la competenza di creare questa comunità fin da quando il tema della Protezione dei Diritti alla Riservatezza non era neppure rintracciabile nel panorama italiano e mondiale. Ha fondato il Progetto Winston Smith (richiamando il personaggio principale del profetico romanzo antitotalitario di George Orwell “1984”, scritto nel 1948). Ha realizzato il Convegno E-Privacy, il primo e più longevo convegno indipendente, senza fine di lucro e senza schieramenti politici, dove si parla, e si pensa per precevedere i futuri orizzonti dei diritti digitali; in Italia già 26 edizioni in quasi 18 anni.

Abbiamo quindi chiesto ai parlamentari di tutti i partiti una buona libera scelta per ogni cittadino (elettori e non, perché, in democrazia, i cittadini sono pleiones (i più), non polloi (i molti), così come avevano ben compreso gli antichi greci, scopritori della democrazia stessa).

GdL#3138
Partito Pirata

redatto a cura di ES e GRM

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