Per l’Ucraina e contro la guerra

Non è esprimibile il dolore con cui stiamo vivendo gli avvenimenti in Ucraina, un popolo che ha saputo conquistare tramite il duro lavoro dei propri connazionali, una vera e profonda fratellanza con le famiglie italiane. Le sorelle e i fratelli ucraini stanno in questi giorni sostenendo la prova più grande fronteggiando un oscuro futuro di privazione delle loro libertà civili e politiche. Ottenere un governo fantoccio filo-russo è l’obiettivo ovvio, quasi dichiarato, dell’azione militare, con buona pace delle naturali rivendicazioni autonomiste dei cittadini ucraini.

Se l’elite militare russa, rappresentata ma non conclusa nella persona di Vladimir Putin, è da biasimare per aver iniziato questa aggressione, non meno è da biasimare il complesso economico-militare-civile di tutti gli altri paesi del mondo, che oggi si affrettano a coprire le loro responsabilità provando a manipolare l’informazione, con una propaganda che non è seconda a quella russa. Sulla pelle del povero popolo d’Ucraina.

L’Europa, debole e divisa, ha le maggiori responsabilità. Convinta di essere culla di pace e di stabilità, non riesce ad offrire un minimo di senso alle proprie velleità di potenza continentale, nella pochezza di una politica estera comune e nella incapacità di organizzare una difesa militare collettiva, inoltre la debolezza politica delle classi dirigenti europee impedisce un reale sviluppo della teoria che vuole l’Europa come nucleo di un motore di interdipendenza economica.

L’Ucraina da tempo avrebbe voluto entrare nella NATO per poter godere, in un occasione come quella odierna, del diretto supporto degli alleati, ma considerazioni di carattere economico e geo-politico hanno ritardato questa decisione, agevolando -nei fatti- l’odierna evoluzione.

Il progetto espansionistico della Russia per difendere, fino ad includere, le enclave di russi etnici, in Crimea ieri, a Donetsk oggi come in Transnistria domani, è stato espresso non oggi, non ieri, ma quasi quindici anni fa da Vladimir Putin. L’interessata disattenzione delle diplomazie ha grandemente agevolato lo sfruttamento economico delle risorse russe, ma non ha fatto avanzare di un millimetro né i diritti umani in Russia, né ha fornito ai paesi ex-satelliti dell’Unione Sovietica nel mirino russo, la stabilità e la sicurezza necessarie a guardare con tranquillità al proprio futuro. Oggi è tardi per “accorgersi” delle mire di Putin, e tentare di farlo passare per un “pazzo” è solo uno stratagemma comodo per chi ha una gran paura di mostrare le proprie responsabilità.

Non tutto però è perduto. Venendo meno l’opzione guerrafondaia che abilmente la diplomazia russa è riuscita a rendere inoffensiva in base al diritto internazionale (o in ossequio al diritto di veto dell’ONU) non resta che la leva economica. Qui si vedrà se la teoria dell’interdipendenza economica come strumento di pace ha un senso reale o è una di quelle comode favole consolatorie utili ad addormentare le buone coscienze fino a che le armi non le svegliano bruscamente.

L’Europa, tra le altre timide sanzioni, ha disposto che venga meno la facilitazione dei visti per passaporti diplomatici e di servizio russi, hanno bloccato qualche progetto di collaborazione e congelato i beni in Europa di Putin, impediscono l’esportazione dell’alta tecnologica, a trovarla, europea in Russia. Sanzioni da molti giudicate timide e poco efficaci.

Consapevoli che questo potrebbe avere dei costi diretti sui cittadini, come l’aumento del costo del gas che viene importano in misura rilevante dalla Russia, è arrivato il momento di fare molto di più e recidere nettamente i legami finanziari ed economici che portano in Russia per isolarla.

Le aggressioni non possono restare impunite, certo, ma è finalmente arrivato il momento per affermare che la guerra, anche quella di difesa, non è adeguata perché c’è di meglio.

Sarebbe una prova di maturità da cui l’Umanità trarrebbe un enorme giovamento. Non solo l’Ucraina.


La dichiarazione congiunta del Partito Pirata Europeo e del Partito Pirata Internazionale

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