L’articolo seguente non è un comunicato ufficiale del Partito Pirata, ma un libero contributo di uno o più Pirati. Pertanto il suo contenuto non è attribuibile al Partito Pirata né è necessariamente condiviso da esso.
“Il problema è culturale” è una di quelle frasi sentite talmente tante volte da sembrare un alibi, una sorta di variazione sul tema dell’ancor più comune “benaltrismo”.
Eppure, in quella frase c’è del vero. Parecchio vero.
Prendete, ad esempio, l’ultimo fatto riguardante Luigi Di Maio: la lettera inviata dal Preside del liceo classico Vittorio Imbriani di Pomigliano d’Arco agli studenti, in cui il dirigente scolastico minacciava l’abbassamento dei voti in caso qualora i ragazzi avessero contestato o anche solo rivolto domande al vice-premier.
Una vicenda che qualcuno ha accostato -per una par condicio abbastanza sui generis– ad un episodio del 2014, quando alcune maestre di una scuola elementare di Siracusa imbastirono una degna accoglienza all’allora Premier Renzi, con tanto di canzoncine e coreografie (“Mi ricorda Mussolini e i figli della lupa” fu il commento di Grillo).
A Pomigliano però non c’erano bambini, ma adolescenti in preda agli ormoni e oltretutto imbevuti di cultura classica, dunque potenzialmente inclini a far domande magari anche scomode (situazione inusuale per Di Maio, ormai abituato ai Bruno Vespa e agli inviati di quella Rai che tanto ferocemente criticava quand’era all’opposizione).
Questa vicenda potrebbe sembrare marginale e degna al massimo di un trafiletto di poche righe in una colonnina a pagina 10 di un quotidiano. Eppure è proprio in questo genere di vicende che emerge quel famoso “problema culturale” menzionato all’inizio. L’idea che il potente, in quanto tale, vada omaggiato e fatto destinatario di inchini e riverenze è profondamente radicata nella società italiana (e in alcune zone in particolare) e si spiega con una concezione dello Stato che molti definiscono “pre-moderna”, perché considera il cittadino come una sorta di suddito e il politico come un Signore medievale, che dispensa benefici e favori a chi gli sta più simpatico. Il preside di quella scuola ha creduto, col suo comportamento, di insegnare ai ragazzi la più grande lezione della vita: che i potenti è meglio tenerseli amici, e cercare di non indispettirli.
Questa sensazione la ebbe già nel 1964 Joseph La Palombara, autore di Clientela e parentela: studio sui gruppi d’interesse in Italia.
Soprattutto in questa parte del Paese [il Sud] è necessario superare la facciata formale per chiedersi quale ruolo svolgono nel processo politico la famiglia, i doveri dell’amicizia, i legami col proprio paese e regione o col proprio gruppo religioso. (…) I dati dell’impiego del voto preferenziale nel Sud dimostrano che qui è adoperato molto più frequentemente che nel Nord. Il meridionale vota particolaristicamente per l’uomo – il notabile della cui clientela fa parte – mentre il settentrionale vota per il partito politico come tale. (…) Qualche anno fa mi è capitato di parlare con un napoletano che era andato a Roma per far aumentare la sua pensione militare, e che si era imbattuto nell’indifferenza assolutamente frustrante della burocrazia romana. Senza scomporsi mi assicurò che tutto sarebbe andato a posto perché, tramite il suo deputato, stava inoltrando la sua petizione personale e la sua fotografia al presidente del consiglio De Gasperi, proprio come si sarebbe fatto con il re, egli disse, e come si sarebbe fatto se si fosse voluto ottenere giustizia dal padrone locale.
Ovviamente esiste una differenza fondamentale tra il feudalesimo medievale e la società italiana contemporanea: il diritto di voto. Il Signore moderno, cioè, è per certi aspetti obbligato a fare elargizioni ai sudditi, se vuole che questi lo riconfermino nella sua posizione di comando; se non lo fa, gli elettori passeranno ad un offerente migliore.
Questo rapporto tra “popolo” ed “elite” si è ormai cristallizzato. Il popolo cerca di organizzarsi in gruppi di interesse e corporazioni per avere più peso contrattuale, e il governo di turno cerca di ingraziarsi il maggior numero possibile di tali gruppi con elargizioni e favori, ovviamente a scapito dell’interesse generale.